Sono le 9.20 del mattino, sono qui che assaporo ancora il mio caffè dando uno sguardo alle ultime notizie. Da qualche settimana non è il mio solito inizio di giornata: di corsa, con i minuti contati, in cui a volte la colazione salta se mi sono concessa 10 minuti in più di sonno. Perchè il nostro tempo di solito è come la coperta di Linus, mai abbastanza lunga per farci stare tutti i nostri bisogni. Sono giornate di pasti cucinati alla sera tardi o all’alba, per poterci sentire avvantaggiati sul tempo. Di chiamate veloci: “tutto bene, si tutto bene pure io, ciao!” e di appuntamenti a tempo. Di ore piene di lavoro, quello che amiamo, che spesso ci portiamo anche un po’ a casa, almeno nelle nostre menti ormai assuefatte da quella che è la nostra attività principale. Sempre di corsa, anche nel week-end.
Adoro invece questo nuovo inizio “con calma”. Ho scelto di spegnere tutte le sveglie e ascoltare unicamente il ritmo del mio corpo. Se è vero che sarà una quarantena che ricorderemo io vorrei ricordarla per il tempo che mi sono donata. Così in questi giorni mi sono concessa un lusso che forse perdiamo nel momento in cui entriamo nei ritmi scanditi del primo anno di asilo. Da quel primo giorno impariamo cosa significhi svegliarci presto e fare ogni cosa in un tempo specifico: prepararci, fare colazione, andare a scuola, poi di nuovo a casa, a cena, poi a nanna. Tutto ad un orario consono. Non importa quanti anni abbiamo o cosa facciamo nelle nostre vite, le nostre giornate hanno orari specifici che non possiamo sgarrare, pena lo sconvolgimento o lo slittamento di tutte le attività successive. Ce lo concediamo solo in vacanza o nel weekend, di sconvolgerle un po’ e magari fare tardi la sera o riposare un po’ di più.
Dal lunedì al venerdì la mia sveglia suonava incessante alle 6.45. Fino a “ieri”. Fino a quando quel fluire dei nostri ritmi quotidiani non fosse preso alla sprovvista e svuotato di tutto. Lavoro, amici, aperitivi, cene fuori, lezioni in palestra, corse all’aperto, weekend fuori porta, viaggi, passeggiate in centro, shopping e molto altro.
Di colpo siamo stati svuotati di tutto ma ci siamo ritrovati “pieni di tempo”. Tempo che non eravamo più abituati ad avere, a gestire.
Dopo lo shock iniziale abbiamo reagito, ci siamo ricordati di tutte quelle cose che rimandavamo da tempo e ci siamo rimboccati le maniche. Alcuni giorni sono volati, altri ci sono sembrati interminabili. Abbiamo ripreso in mano i libri che volevamo leggere da un po’ o i film che avevamo inserito nelle nostre wishlist. Abbiamo riscoperto il piacere della cucina e ci siamo dilettati in impasti e torte degne di una puntata di MasterChef. Abbiamo parlato, molto più del solito, con quelle persone a cui tante volte abbiamo detto “ti telefono i prossimi giorni!” e poi non l’abbiamo fatto. Abbiamo scoperto che stare un po’ più di tempo con la nostra famiglia non è poi così male. Con la mente più sgombra siamo tornati ad ascoltare chi ci parla, di fianco a noi o al di là dello schermo. Abbiamo affollato i social a tutte le ore del giorno e della notte e scoperto che la batteria del nostro smartphone non regge più di mezza giornata. Abbiamo riacceso i nostri pc e fatto tutti gli aggiornamenti arretrati da mesi per poter seguire corsi e lezioni online. Abbiamo riempito gli spazi delle nostre case, fatto ordine, svuotato cassetti. Guardato vecchie foto, registrato qualche video divertente, cantato ai balconi, ascoltato musica. Tutto questo in compagnia di chi condivide lo spazio della nostra stessa quarantena, o da soli, nei nostri silenzi. Facendo pian piano amicizia con presenze e assenze.
La paura giorno dopo giorno è diventata accettazione di questa nuova condizione sociale, mentre dalle tv continuano imperterriti a bombardarci di numeri, di dati, di proiezioni, analisi, commenti. Vediamo sugli schermi le nostre città vuote e non sappiamo quanto questo durerà. Siamo talmente assuefatti di informazioni che in quelle giornate grigie fuori e dentro le nostre case preferiamo tenerla spenta la televisione. In quei giorni in cui ci sembra di non riuscire a fare nulla, di essere svogliati e inconcludenti. Aspettiamo solo il bollettino delle 18.00, quello della Protezione Civile. Perché quei numeri sono persone, i malati e le vittime spesso sono nostri amici, i vicini di casa, i nostri nonni, i genitori di…
E noi qui, rinchiusi in casa, iniziamo a sentirci un po’ fortunati, perché le nostre giornate continuano a nascere, anche se senza certezze e attività definite. I nostri occhi si continuano ad aprire fiduciosi e prendiamo consapevolezza che la cosa più giusta che possiamo fare è riempire il nostro tempo di cose che ci facciano stare bene, che abbiamo davvero il desiderio di fare.
Guardo il telefono, è passata già mezza giornata senza neanche accorgermene. E’ arrivato il momento del caffè del dopopranzo, al sole, in terrazzino. Lo gusto con calma e mangio una fetta di torta, quella che ho fatto io ieri sera. La ricetta era salvata sul mio telefono da un anno o forse di più e non avevo mai trovato il tempo di farla. “Perché mai?” mi chiedo. Non è stato così difficile, in meno di due orette era già lì, cotta e profumata. Eppure ho aspettato di essere rinchiusa in casa, in quarantena.
Quando ho tempo lo faccio.
Appena ho un attimo ci sentiamo.
Se riesco vengo.
Scusami, sono stata impegnata.
Se la mia vita non fosse così piena lo farei.
Come faccio? Mica ne ho il tempo…
Beato te che trovi il tempo!
Le ho dette mille volte quelle cose lì e son sicura che le hai dette pure tu.
Il tempo non mi basta mai. Mi sfugge. Certe giornate, nella mia vita di sempre, sembrano così piene, eppure così vuote. Oggi, in questa situazione di “ritrovata lentezza” ho iniziato a fare mille cose, anche se molte son sicura che non le concluderò. Dev’essere questo che capita quando non sei abituata a gestirlo tutto questo tempo! Ma ho il desiderio di farne altre mille.
Nel frattempo, dopo un fantastico tramonto ammirato dal mio balcone, qui in casa si è fatta sera, ho perso il conto di quanti giorni siano passati dall’ultima volta che ho varcato il mio portone. Non mi interessa più, so che prima o poi finirà. Mi torna invece in mente un libro sfogliato per caso tempo fa: “Elogio della lentezza”. Una sorta di invito a scoprire i vantaggi di una vita riflessiva e dal pensiero lento. Quando lo lessi mi sembrò dissonante con i nostri tempi moderni.
La prima cosa che ho imparato a Milano è ad “andare di corsa”, a ritmo costante, non perché sono in ritardo ma perché “più vado veloce, più cose faccio”. Almeno così ero convinta. Nel nostro mondo “dove il fare sembra prevalere sul pensare” questa quarantena, un po’ come il libro in questione, ci suggerisce invece di intraprendere un viaggio introspettivo e alla scoperta della lentezza ai vari livelli delle nostre vite. Un viaggio che non è facile iniziare, perché non ci appartiene, siamo abituati a stare in continuo movimento.
Quasi non mi riconosco in questa nuova veste casalinga: sorseggio la mia tisana e leggo quel libro che mi hanno regalato ben 6 mesi fa. Con lo sguardo prendo le misure della mia stanza, ogni cosa è a posto e mi sento serena. Fino a “ieri” sarei stata in giro per casa a fare chissà cosa per l’indomani o mi sarei rigirata nel letto a tormentarmi, senza riuscire a prendere sonno.
Oggi che la mia vita oltre che lenta, è diventata più leggera, in casa, nei miei spazi, quelli che mi sono ritagliata, non mi sento più in gabbia. Probabilmente lo ero prima, “ieri”, prima di tutto questo, quando mi sentivo travolta dal mio tempo.
Si è fatto tardi, spengo l’abat-jour, domani mi aspetta una nuova giornata! Non so ancora piena di cosa. So solo che farò quello che davvero mi va.
questa quarantena forzata ha fatto scoprire tutto quello che descrivi, diciamo pure che le giornate sembrano tutte uguali.
buon prosieguo!
Stiamo riscoprendo le nostre creatività!
Ho amato ciò che hai scritto e ho trovato le tue riflessioni dolci e particolarmente tranquillizzanti.
In realtà mi sono ritrovata molto nelle tue parole e spero che tutti possano imparare da questa brutta storia e non dimenticare mai che la risorsa più preziosa che abbiamo è proprio il tempo…
Chi impara a goderne ha vinto!
Cara Fabiola, ti ringrazio per le tue parole! Vorrei che ognuno di noi riuscisse a cogliere qualcosa di positivo da questo periodo e farne tesoro per il domani.
Quello che hai scritto mi è piaciuto molto, rispecchia quello che sta accadendo nelle nostre vite.
Grazie, mi fa piacere che ti sia ritrovata nelle mie parole!
Ciao. Andando all’università, la mia routine non è stata del tutto stravolta, perchè comunque gran parte della giornata la trascorro seguendo le lezioni online. Ciò che è cambiato, nel mio caso, è l’impossibilità di uscire, quel continuo stimolo che a volte odiavo di uscire a tutti i costi perchè stare a casa equivale a fare niente. Ecco, forse è quello che mi ha cambiato, mostrandomi quanto può essere bello stare a casa con se stessi
Un pò di tempo per noi sicuramente ce l’abbiamo tutti in questo periodo! Aprezziamolo…e inboccalupo per l’università!!
Grazie mille
Hai colto appieno il risvolto positivo di questa situazione. Speriamo che un po’ ci serva anche per il futuro, mi piacerebbe che fosse così!
Anche io spero davvero che questo periodo ci lasci in regalo il desiderio di vivere ogni momento in maniera meno casuale e distratta!
Che bello leggere questa riflessione positiva! Molti vivono questa quarantena come una reale tortura invece io mi trovo pienamente d’accordo con quello che hai scritto.
Con Calma❤️
Che piacere leggere che in giro ci sono altre persone positive come me! Godiamoci la calma…