30 anni e poi…

Consapevolezze dei miei 30 anni
In amore come nell’amicizia, 
non mi farò più amare così poco da non contare nulla. 
Perchè le mezze cose ci logorano dentro.
Nel lavoro non mi farò più trattare con sufficienza,
non permetterò più a nessuno di farmi sentire inferiore
perchè la nostra dignità viene prima di ogni cosa.
Nella vita non starò più zitta a subire le parole altrui, 
perchè ho imparato l’educazione del parlare e il coraggio di essere come sono.

Ottobre 2018

Ho appena compiuto trent’anni, che si sa, è un’età in cui in maniera consapevole ti ritrovi a fare una serie di bilanci della tua vita. Bilanci che non sempre sono positivi, ma neanche così negativi in fondo. Secondo me però non c’è da preoccuparsi, è solo che “trent’anni è il momento del quasi”.

Stai quasi bene, hai quasi un lavoro tranquillo. Sei quasi adulto, talmente adulto che inizi quasi a fare progetti più grandi, come quello di comprare casa, sposarti, mettere sù famiglia… Oppure, come nel mio caso, sei quasi stufa del tuo essere single e pensi che sia arrivato il momento di riaprirti alle conoscenze, come non fai da un pò. Non perchè negli ultimi anni non hai appositamente voluto farlo e neanche perché non ci credi più. A trent’anni realizzi finalmente che l’unica motivazione sta nel fatto che hai passato gli ultimi anni della tua vita a inseguire i tuoi sogni, per poi renderti conto di non aver acchiappato neanche quelli! O almeno, molti di quelli.

Io sono sempre stata definita “una sognatrice” ma la verità è che purtroppo molti sogni li ho messi da parte da un pezzo, perché davvero troppo ambizioni, seppur credendo ancora fortemente nel loro valore. Altri aleggiano sempre o mi tornano in mente periodicamente quasi a ricordarmi  quella ragazzina adolescente con poche consapevolezze ma di grandi ambizioni che vedeva in ogni cosa un’opportunità da cogliere. Poi ci sono i sogni che definisco “momentaneamente nel cassetto”, a cui credo ancora fortemente e per cui investo ancora del tempo. Seppur delle volte il tempo sembra mi sfugga così velocemente e che non abbia più la possibilità di fare tutto. Tutto quello che sognavo, che volevo, che cercavo. O forse sarebbe più opportuno utilizzare il presente?

Anche ora, che uso il passato e ignoro il fatto che la vita è ancora qui, davanti ai miei occhi, forse mi sento troppo grande per continuare a farlo, a  sognare cose grandi, a usare la fantasia per riformulare la realtà. 

A proposito di sogni, i miei vorrei raccontarveli e raccontami.
Perchè ricordare i nostri passi è utile, se non fondamentale per ricalcolare la rotta dei “30 anni e poi…” quando tutto si complica d’improvviso e tu vorresti sapere esattamente qual sia la cosa giusta da fare. Ma mica è vero che a 30 anni sai esattamente quale sia!

La cantautrice

C’è stato un tempo in cui scrivevo canzoni. Molte di queste non sono mai uscite dalla mia stanza, ma io le ricordo ancora tutte. Passavo ore con la mia chitarra e grazie a lei esprimevo ogni genere di sensazione che spesso non riuscivo a tirare fuori in altro modo. In fondo, lo so, ero convinta che almeno uno dei miei testi sarebbe rimasto da qualche parte, almeno per qualcuno, indelebile. E magari di cantarlo io stessa davanti ad un folto pubblico. Inutile dirvi che non è mai andata così…

La Conduttrice

Credo che a volte sia tutta una questione di casualità nella vita, perché quella volta alla scuola materna io la presentatrice proprio non volevo farla! Mi sarebbe piaciuto fare la contadina, così come la mia migliore amica. Ma di contadina ne bastava una e serviva invece una presentatrice. Sarà che gli adulti vedono cose che noi da bambini non cogliamo e credo che la mia maestra di allora sapesse bene che quello sarebbe stato il ruolo più adatto per me, che parlavo tanto e gesticolavo ancora di più.
Mi è capitato altre volte, dopo quel mio esordio, di trovarmi in questo ruolo e sapete, mi è iniziato a piacere! Tant’è che, soprattutto mentre frequentavo il mio corso specialistico in Editoria e Giornalismo, ho iniziato a pensare che avrei potuto fare questo da grande, la conduttrice! Anche se grande lo ero già un po’.
Una volta laureata ho fatto diversi colloqui in sedicenti scuole che mi avrebbero potuto formare per fare questo mestiere. (Forse qualcuno questa cosa neanche la sa!) Le accademie/scuole/agenzie promettevano grandi risultati e di farti diventare la numero uno della televisione italiana in una settimana di full immersion. Le cifre che chiedevano erano sconsiderate e dato che non sono mai stata un’ingenua, non ci ho mai creduto a quelle parole infiocchettate e senza una base solita.
Allora ho fatto un corso di dizione, per iniziare… (lo so che non si sente, ma vi assicuro che la conosco almeno un po’!) e nel frattempo tornavo a bussare in quelle porte che, prima che mi laureassi, mi avevano accolto a braccia aperte, ma stanca di promesse che non si sono mai realizzate io non l’ho mai messa in pratica la dizione, anzi, mi sono rifiutata! Ho scelto di essere semplicemente me stessa, senza perdere la mia spontaneità che accenti, “o” aperte e “e” chiuse mi toglievano, inevitabilmente.
Non sono una conduttrice, eppure ci credevo.

La Speaker radiofonica

Da bambina, ho cassette che possono testimoniarlo, giocavo a fare la speaker radiofonica: lanciavo i pezzi, li cantavo e li commentavo. Facevo tutto da sola insomma! A volte non mi limitavo solo ad interpretare i brani, addirittura me li inventavo di sana pianta. Ma tutta quella verve da mura domestiche, una volta grande, era andata via lasciando spazio ed un filo di timidezza.

Una volta all’università, nonostante non fossi la più spigliata fra tutte le mie colleghe, sognavo di diventare giornalista e sentivo, com’è giusto che sia, tutto il mondo tra le mie mani. “Ogni cosa è possibile se lo si vuole!” mi dicevano in tanti e io ci credevo sul serio. Così non escludevo mai nessuna strada e mi mettevo alla prova anche in attività nuove e che non avevo mai preso in considerazione.

Così a vent’anni la prima volta che ho messo delle cuffie alle orecchie e mi son trovata con un microfono di fronte non sapevo cosa avrei dovuto dire! Improvvisavo, così come gli altri ragazzi che con me erano capitati a fare lo stage curricolare nella web radio universitaria. In realtà alcuni di loro erano molto più navigati e bravi di me, infatti nei primi tempi mi limitavo ad ascoltare e imparare, aggiungendo qui e là una battuta di circostanza. Poi un giorno, ritrovateci in un gruppo di sole ragazze i tutor ci hanno voluto sfidare, chiedendoci di inventarci un programma ex novo, originale e coinvolgente! Non vi dico quel che ne è uscito fuori da quel giorno in poi… Ideare un format e tagliartelo su te stesso e ben altra cosa che fare il semplice speaker, questo l’ho capito subito. “Maquillage” era un programma tutto al femminile che ci dava la possibilità di raccontarci e tirare fuori le nostre personalità: sigle, testi, montaggio, era tutto nelle nostre mani! Una grande soddisfazione riascoltare la puntata finita, incredule che fosse tutta opera nostra. Eh già, dopo un pò anche quell’attività mi aveva così affascinato che iniziavo a pensare che chissà, forse, avrei potuto coltivarla.

Devo dire che però, dopo aver proposto un programma estivo in una radio locale (mai partito) e iniziato ad ideare una web radio con i miei amici (progetto che ci balena sempre), per alcuni anni non mi sono cimentata più in questa veste. Un nuovo laboratorio radio durante la laurea specialistica ha però confermato la mia passione: anche lì un nuovo programma ideato con le mie colleghe e una puntata pilota registrata nel caldo di Luglio. Tanto divertimento ma uno scarso risultato finale, che non ci aveva di certo assicurato il 30 e lode a cui ambivamo! Ma era stato bello lo stesso.

L’ultima volta che mi sono avvicinata al mondo radiofonico è stata durante la collaborazione con Radio Vaticana, anche se in quel caso era più di taglio giornalistico: registravo le mie interviste in giro per Roma, montavo il mio pezzo e lo consegnavo in redazione, accompagnato dal lancio per il pezzo. Mi piaceva giocare con la mia voce e impostarla con tocco professionale ma probabilmente neanche questa era la mia strada.

La Giornalista

Questo tra i tanti è di sicuro “il sogno dei sogni”: anche se è nato in modo casuale è quello a cui ho dedicato più anni della mia vita.

Mi ricordo che, non so bene perché, per i miei 5 anni di liceo ho sempre detto che dopo, perché che ci sarebbe stato un dopo ne ero certa, avrei voluto studiare psicologia. Poi all’esame di maturità l’illuminazione: alla correzione della mia prima prova ho scoperto, con grande stupore, che la commissione aveva apprezzato tanto il mio articolo di giornale sui luoghi della memoria, tant’è che la Presidente si era permessa di dirmi: “Mi pare abbastanza certo che tu dopo la maturità andrai a studiare giornalismo! Si vede che è questa la tua strada!”.

Io l’avevo guardata un po’ stupita ma anche soddisfatta di quella sua affermazione. “Non ho mai pensato in realtà di fare questo!” le avevo detto, “dicono tutti che non si mangia scrivendo!”.

“E tu provaci che non si sa mai!” aveva ribadito, lasciandomi totalmente di stucco, la mia professoressa di italiano, che di questa mia abilità si era resa conto da tempo, ma per vari, strani e incomprensibili meccanismi scolastici, era riuscita ad esternarlo solo in quel momento. L’ultimo giorno di scuola della mia vita. Nel mio primo esame importante.

Nonostante non ne fossi convinta, l’avevo letto come un segno e alla fine, dopo un’estate a rimuginarci, avevo deciso di provarci almeno ad inseguire quel sogno! Da lì una Triennale in Comunicazione e una specialistica in Editoria e Giornalismo, a Roma, la città che credevo potesse portarmi sulla strada del successo lavorativo.

Collaborazioni aperte su testate online e cartacee. Mai un euro per le mie parole. Tempo speso per passione. Per anni ho creduto che sarebbe successo prima o poi: l’occasione. Quella che cogli al volo e non capisci bene perché sia capitata a te. Ma la vita è un’altra cosa e a nulla sono serviti neanche i contatti con giornalisti, direttori, presidenti e altre figure del settore. Tanti consigli ma mai la possibilità di provarci, di mettermi in gioco davvero.

Finiti gli studi universitari mi dicevano “fai il master in giornalismo, è l’unico modo per riuscire a diventare giornalista professionista!”. Ma mi sono rifiutata di continuare il mio percorso, a quel punto avevo solo voglia di lavorare! Così difficile da capire? Ero stanca di stare sui libri e non volevo che i miei genitori investissero ancora i loro risparmi su di me.
Così mi sono stancata di aspettare l’occasione, ho messo il freno al sogno dei sogni, a cui mia madre teneva ancor più di me, e ho ingranato la marcia degli stage infiniti. Ma questa è un’altra storia!

Qualcuno mi definisce ancora “la giornalista” ma non lo sono. E ci tengo a precisarlo, perchè ho rispetto per chi fa questo mestiere con professionalità e competenza. Io non ci ho creduto abbastanza forse, oppure semplicemente non era la mia strada. Non ho rimpianti, perché quegli anni lì e quelle esperienze mi hanno portato dove sono oggi.

Ammiro i miei amici che, credendoci fermamente e perseguendo il loro sogno, che un tempo era il nostro, passo dopo passo si conquistano un loro spazio e diventano ogni giorno più bravi. Non hanno bisogno che li citi perché lo sanno, faccio il tifo per loro e gioisco delle loro conquiste quotidiane! Mi emoziono ogni volta che vedo il loro nome su un articolo o servizio. Perché ho imparato che ogni volta che il sogno di un mio amico si realizza la sua felicità è anche un po’ la mia.


Ai prossimi sogni!