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Sapete, non si direbbe, ma sono una che pianifica e disfa i suoi piani in continuazione. Chi non mi conosce bene e vede solo il mio lato “equilibrato”, pensa che sia una di quelle che vuole tenere tutto sotto controllo. In realtà c’è davvero un grande caos sotto questo mio apparente equilibrio!
Ma soprattutto, è dura ammetterlo, ho da poco preso consapevolezza di essere un’AUTO-SABOTATRICE SERIALE. Pianifico una cosa e poi un secondo dopo ci ripenso e non faccio nulla per attuare il mio progetto, lascio che le cose accadano, senza forzare niente. Non so se è perché non ci credo abbastanza o perchè ho paura di fallire. So solo che la fatalità degli eventi è la mia guida.
Credo sia qualcosa che mi porto dietro dai tempi della scuola, quando vedevo i miei compagni di classe essere sempre più diligenti di me e io non ci provavo nemmeno a impegnarmi quanto loro. Perchè in fondo non mi è mai interessato essere “la più brava” e non mi sono mai arrabattata per cambiare le cose. Ero e sono semplicemente ANNALISA. Quella che spesso fa un passo indietro e se può, evita di “salire sul palco”, ma non perché crede di non essere all’altezza, ma perché non le interessano i riconoscimenti plateali. Anzi, vi svelo un segreto, nel caso non l’aveste capito, ad Annalisa i complimenti mettono addosso un tale imbarazzo che fa sempre di tutto pur di non riceverli! E si sminuisce. Si si, lo faccio sempre, lo so bene.
Di me dicono poi che sia spesso indecisa, che tenga aperte troppe porte, che parli tanto e agisca poco. Sarà davvero così?
Ebbene, ve lo devo dire, in questo periodo incasinatissimo ad un certo punto avevo preso una DECISIONE, una di quelle che quell’Annalisa che analizza tutto per bene, non avrebbe mai preso così su due piedi. L’avevo sussurrata dentro me stessa senza esternarla veramente, se non a poche, pochissime persone. E di questa decisione per la prima volta ne ero straconvinta! Anche se ci avevo pensato poco, anche se sapevo che ci sarebbero state delle conseguenze. Anche se avrei dovuto cambiare la mia vita un’altra volta.
La verità è che questi ultimi due anni sono stati molto impegnativi, mi son sentita persa, senza punti di riferimento. E non ho paura a scriverlo, perché ci siamo dovuti tutti guardare un pò più allo specchio questo periodo. Nell’isolamento forzato ho desiderato avere vicino la mia famiglia, i miei amici, fare quelle passeggiate al mare che mi fanno dimenticare qualsiasi problema. Mi son mancate cose e persone che ho però ritrovato quell’estate che mi ha regalato 3 mesi di smart-working in Sardegna e che mi hanno fatto credere che la mia vita potesse tornare ad essere quella. Dopo quel periodo, quando sono tornata ai miei silenzi solitari, ho avuto così tanto tempo per guardarmi dentro, per chiedermi se davvero fossi felice della mia vita a Milano; che alla fine l’idea di tornare in Sardegna, di provare a costruirmi un futuro lì da dove ero partita, ha preso piede dentro di me. Mi confrontavo con persone che avevano già preso questa decisione e cercavo di capire le motivazioni, per riuscire ad analizzare le mie. Qualcuno mi diceva che fossi pazza, che non ce l’avrei fatta mai. Ma io ci credevo davvero.
Alla fine ho iniziato a mandare curriculum e lettere di presentazione in giro, l’oggetto di quelle mail era “Per ogni andare esiste un tornare”. Mi rispondevano facendomi i complimenti per il mio storytelling, ma nessuno aveva un lavoro da offrirmi. Io che raccontavo di una giovane sarda partita 10 anni fa con un bel pacchetto di sogni e aspirazioni alla volta di Roma, per poi spostarsi a Milano. Una che in questo particolare periodo sentiva il desiderio di TORNARE, per riportare a casa quello che aveva imparato “in giro”.
Poi però la sera, mentre leggevo quelle mail che io stessa scrivevo mi chiedevo: “Ma torno per fare cosa?”. “Cosa voglio fare da adesso in poi?”. “Cambio totalmente lavoro?”. Le risposte non le sapevo.
Anche la mia famiglia, anche se inconsapevole della scelta che maturavo dentro me, mi spingeva verso questa direzione, perché se almeno fossi stata in Sardegna mi sarebbe bastato un viaggio in macchina o in treno per tornare a casa, anche solo per una domenica in famiglia. E io cercavo di immaginarmi lì, a Cagliari, ad Alghero o a Olbia, tutte città di mare. E pregustavo quelle passeggiate infrasettimanali per quei lungomare che tanto mi mancano. Anche se, dove mi immaginavo, ero pur sempre lontana da casa, ero sola.
E così ho iniziato a chiedermi se quel desiderio di tornare fosse solo stato dettato dalla PAURA. E non so cosa sia successo ad un certo punto dentro di me. Non lo so descrivere a parole. So solo che un anno fa, dopo le vacanze di Natale, sono tornata a Milano con la consapevolezza che quello non fosse il momento per fare scelte di questo tipo, perché probabilmente sarebbero state dettate unicamente dalla fase che stiamo vivendo e non da desideri reali. E mi son rimboccata le maniche per provare a TORNARE A GALLA, per mettere da parte le insoddisfazioni e impegnarmi in quello che potevo ancora cambiare. E in questo anno ho visto qualche frutto che, seppur piccolo e ancora acerbo, per me è un segno di rinascita. Ma lo ammetto, non sono ancora del tutto sicura che la vera strada per me sia proprio questa. Non è semplice mettere da parte certe sensazioni che alcuni giorni diventano più insistenti di altri. Non è vero che quando si prende una decisione in automatico si mettono a tacere tutte le altre possibili. Ci sono strade che lascio volutamente aperte, perché non sono ancora capace di arrendermi a qualcosa che non mi dà più gioia.
Comunque un anno fa non ho fatto niente di diverso rispetto a quello che faccio sempre: ho distrutto i miei piani, ma stavolta senza sabotare me stessa. Anzi, ho deciso di incanalare le mie energie, positive e negative, nel mio LIBRO che fino a qualche tempo fa non avrei mai pensato di pubblicare. Perché avrei pensato: “ma a chi vuoi che interessi leggerlo?”. E in questo caos, che è il mondo, ho finalmente provato a fare un salto su quel “PALCOSCENICO“. Ora mi vedete, sono questa: ammaccata ma non distrutta, direbbe qualcuno. Piena di graffi e ancora con qualche insicurezza latente, ma anche, per chi li vuole cogliere, con dei lati belli e una sensibilità che non mi vergogno di mostrare. Così, per festeggiare questi 10 anni lontano dalla mia terra, mi son regalata un libro e anche un nuovo inizio, in una CASA che ho deciso di vivere da sola, per trovare la mia vera indipendenza. Dove ad aspettarmi ho trovato una scrivania che sembrava quella giusta per poggiare il mio PC e mettermi a scrivere finalmente il mio romanzo. Quello che covo nel cuore da anni e che spero di portare alla luce in questo 2022.
Dunque sono rimasta a Milano, almeno per il momento, perché forse questa “giusta distanza” è quella che mi salverà sempre da quell’apatia in cui ogni tanto ricasco, e da cui, diciamocelo, son voluta scappare. Ma anche perché so che devo meditare ancora un pò prima di tentare quel passo che mi fa tanta paura. Ma in cui credo, perché so che è quello giusto. Quindi se fra un mese prenderò altre nuove decisioni, vi ho avvisato: faccio piani per distruggerli, ormai lo sapete!
Una cosa sicuramente l’ho capita: non è importante se resterò a Milano, tornerò in Sardegna o andrò da qualche altra parte. L’importante è che quello che mi tratterrà o mi farà andare, sia forte e non mi lasci alternative. Perché, lo devo dire, ci son voluti davvero tanti SOGNI, RINUNCE e SACRIFICI per arrivare fin qui. E anche stavolta ne deve valere la pena!
Io ogni volta che scrivi leggo i tuoi post, mi piace il modo che hai di esprimere ciò che vedi anche semplicemente dentro un tram oppure ciò che hai dentro e ogni tanto ci racconti qualche piccoli frammento. Aspetto quel libro che da tempo sò che scriverai pieno di emozioni e che ci terrà attaccati fino all’ultima pagine.
Grazie Sara! Ho scritto che lo finirò perché così non posso più tornare indietro…che l’auto-sabotamento è sempre in agguato!
🙈😘