Viaggiare in solitaria mi piace, apprezzo la bellezza del non sentirsi per forza costretti a parlare con qualcuno. E in un mare di parole sento il bisogno di godermi questi 50 minuti di disconnessione dal mondo. Solo che la tratta mi sembra ogni volta più breve e meno emozionante. Vorrei dell’altro tempo per riordinare i miei disordini mentali.
All’aeroporto nessuno per me, non avverto mai dei miei arrivi: meglio passare inosservati tra i manager in carriera, i turisti chiacchieroni, le mamme coi figli, i giovani e le nonne. Io però lo so: ho ormai l’aria di chi sa perfettamente dov’è diretto. Perché la strada ormai la conosco bene e anche quella scritta che, per qualche strana ragione, è capitata proprio lì davanti all’area arrivi. Una scritta banale che alle persone come me, più che fare male, suona come un promemoria, un invito a cambiare le cose.
“SOLISSIMO” recita la scritta di una negozio che sta proprio lì di fronte, e io in questo momento sfido chiunque a non sentirsi almeno per un secondo SOLO! E in quel secondo ripenso alle parole di amici e parenti che non perdono occasione di commentare: “Possibile che ancora in quella città tu non abbia trovato qualcuno di speciale, che possa essere li ad aspettarti!” E’ possibile invece, soprattutto quando hai collezionato una serie di delusioni e inizi a credere che di persone speciali ce ne siano davvero poche, e quelle poche se le siano già accaparrate da tempo delle persone sicuramente più furbe di me. Certo che è possibile quando preferisci la solitudine alle finte presenze di chi non sa minimamente che significhi amare qualcuno. E’ possibile quando impari a bastarti. E’ possibile ma chi lo dice che sarà sempre così?
Partenze. Arrivi. Mancanze. Le metti in fila queste tre parole e poi ti correggi: presenze, volevo dire presenze, quando si fanno sentire è così che hai imparato a chiamarle, le mancanze.