Vi racconto il volto di una sarda fuorisede, il mio.
Ecco, ci siamo, è arrivato quel momento della settimana in cui, chi lavora, si sente in pò in vacanza e come un rito settimanale tanto atteso rinnova la sua volontà di pensare a se stesso, rilassarsi o fare qualcosa di piacevole. C’è chi organizza una gita fuori porta, chi opta per un giro in centro, chi per una giornata al mare o in piscina o chi sta a casa, semplicemente.
Esatto ci siamo anche stavolta, è venerdì e il ritmo frenetico della settimana si allenta, in treno tutti sembrano avere una faccia stravolta e stanca si, ma con un raggio di luce chiamato weekend. Ma io no, io non ci riesco, adesso coi pensieri credo di trovarmi altrove. Perché in questo momento dell’anno in cui le temperature si alzano e gli alberi sono in fiore non riesco mai a sentirmi in vacanza qui. Neanche ora, che mi aspettano 2 giorni da poter dedicare a cose che amo, o a persone, o a qualsivoglia attività.
Basta questo sole ancora caldo a farmi venire gli occhi lucidi e se potessi, solo pensandoci intensamente, vorrei trovarmi già a casa. Anzi, meglio, vorrei essere in spiaggia a fare quella passeggiata di fine serata, la mia preferita, mentre il sole pian piano cala tra le onde del mare e l’acqua sembra la più calda di tutta la giornata.
Ma invece di colpo è un normale venerdì in città. Una città che sembra non avere più nulla da darmi, è come se di colpo esaurisse ogni sua possibilità. So bene che non sia così, pian piano me ne convinco. Non ho mai detto che la città non faccia per me, anzi e non sto dicendo che qui sto male, dico solo che forse vorrei entrambi le cose, vicine, raggiungibili facilmente. E invece mi ritrovo a scegliere: da una parte il mio mare, la mia famiglia, i miei amici e dall’altra il lavoro, la crescita, la speranza per il futuro. Ma qualsiasi sia la scelta, si sa, si ha sempre un prezzo da pagare. Ogni sardo è destinato a pagarlo, perché un mare cambia le cose. Un mare delle volte ci rende prigionieri nella nostra terra, delle altre profughi in cerca di un futuro migliore. Ma ci dà anche la possibilità di diventare cercatori d’oro, marinai senza paura del vento e della buffera. Il mare ci rende quelli che siamo, sardi col maestrale contro ma sempre con il sole in prua.
E mentre anche questa città sta diventando ogni giorno più mia, ogni giorno più casa, mi sento perennemente destinata a voltare il mio sguardo oltre il mare, come a controllare che la mia isola sia li, ad aspettarmi.
Poi arriva il tramonto sulla capitale, quel momento in cui Roma diventa la più grande bellezza che abbia mai visto e ne sono consapevole, mi emoziona. Sto li ad osservarlo dalla mia finestra ma mi rendo conto che quel velo di malinconia continua ad accarezzare i miei pensieri e chiudo gli occhi e mi sembra quasi di sentire quel profumo inconfondibile di mirto, di casa, di mare.
Lo so, dalla primavera in poi divento una sarda malata di malinconia.